Notule
(A cura di LORENZO
L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)
NOTE
E NOTIZIE - Anno XVIII – 10 aprile 2021.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org
della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia”
(BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi
rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente
lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di
pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei
soci componenti lo staff dei
recensori della Commissione Scientifica
della Società.
[Tipologia
del testo: BREVI INFORMAZIONI]
La degenerazione
alzheimeriana mediata da tau è inibita dalla rimozione di APOE4 astrocitario. Chao Wang
e colleghi hanno dimostrato che la deplezione dagli astrociti del maggior
fattore di rischio genetico conosciuto per la malattia di Alzheimer, APOE4,
riduce la taupatia e la neurodegenerazione mediata dalla tau. La
sperimentazione ha anche rilevato che la perdita sinaptica tipica della
malattia e dei modelli sperimentali viene recuperata con la delezione del gene APOE4
astrocitario. Infine, la riduzione di questo gene nell’astroglia potrebbe
essere una nuova strategia terapeutica per questa malattia ancora inguaribile. [Cfr. Chao Wang et al. Neuron – AOP doi: 10.1016/j.neuron.2021.03.024,
April 7, 2021].
Uno schema
filogeneticamente antico può riattivarsi nel nostro cervello per uccidere. Vi è mai capitato di vedere qualcuno
che, tentando di uccidere una vespa, un moscone o un altro grosso insetto con una
paletta per mosche e riuscendo solo a ferirlo al primo colpo, si scagli con una
raffica di fendenti sul malcapitato animaletto? Questo apparente emergere di un
istinto assassino non è affatto raro da vedersi, e si può verificare anche nella
soppressione di vari animali che generano paura, allarme, disagio o disgusto.
Sembra che a scatenare nella nostra specie questo pattern atavico, dopo
lunghissima storia filogenetica, sia la vista della vittima ancora viva dopo l’azione
presunta letale.
In Brasile, dove esiste un termine
collettivo, bicho, per indicare tutte le
creature sgradite alla maggioranza delle persone, dagli insetti giganteschi del
Pantanal all’anaconda dell’Amazzonia, passando per rospi,
iguane, ramarri, camaleonti e roditori, si sente un modo di dire spiritoso,
spesso formulato come domanda retorica rivolta a persone che si producono in
serie o raffiche di colpi inefficaci per lo scopo della loro azione: “Hai
finito di uccidere il bicho?”.
Il nostro presidente, che ha
studiato in passato l’evocazione di questa furia nel completare l’uccisione, ha
spiegato che la scoperta delle basi neurobiologiche di questo comportamento,
che sembra essere un FAP (fixed action
pattern), potrà aiutarci a comprendere alcuni problemi criminologici, come
i raptus, la scarica di coltellate o di proiettili e varie forme raccapriccianti
e mostruose di eccesso e accanimento nell’uccidere, quasi a voler distruggere
il morente reiterando l’atto criminale con rabbia feroce. La prospettiva di indagare
le basi di questo automatismo e le condizioni cerebrali e mentali di fondo che
ne favoriscano l’evocazione è interessante – sottolineava Giuseppe Perrella –
perché attualmente non si dispone di alcun criterio neurobiologico oggettivo
per compiere inferenze interpretative su questo genere di comportamenti, e
perché la comprensione del modo in cui il cervello normalmente tiene inibiti
tali atavici schemi potrebbe gettare luce sul controllo cerebrale di un’intera
gamma di processi arcaici, che non trovano più espressione ordinaria nella
nostra specie. [BM&L-Italia news, 9 aprile 2021].
Breve
diario del coronavirus in periodo pasquale: i nodi al pettine. L’incongruenza – da noi tante
volte rilevata – di non chiudere i confini nazionali e consentire i viaggi all’estero
nell’Italia dichiarata zona rossa nel periodo pasquale, ossia nazione in cui
non è consentito spostarsi nemmeno di qualche chilometro dal proprio comune di
residenza, ha prodotto un effetto dirompente con il boom di prenotazioni
di viaggi e vacanze all’estero.
Come sempre, si è intervenuto dopo
che i proverbiali buoi sono “scappati dalla stalla” e si è escogitata una
classica “mezza misura” degna di quelle dello scorso anno: non potendo annullare
le prenotazioni, il ministro ha stabilito che al ritorno, prima di sottoporsi
al tampone si dovrà fare una quarantena di… cinque giorni! Da dove salta fuori
questo numero? Lo scorso anno adottavano 14 come “numero magico” perché non
avvedendosene, per incompetenza, lo riferivano sia all’incubazione che alla
durata dell’infezione; ora si propone una quarantena (inutile sottolineare
quanto inappropriato sia il termine) di cinque giorni. Perché? Forse perché ritengono,
in questo modo, di tener buoni noi – coscienza medico-scientifica – con l’introduzione
di una precauzione e allo stesso tempo non urtare troppo la suscettibilità di
coloro che non tollerano le restrizioni e sembrano temerle più della morte stessa.
In realtà, si tratta di una misura
assolutamente inefficace. Lo scorso anno, quando ancora si riusciva a tracciare
i contagi, si sono registrate le prime positività dei test a volte oltre tre
settimane dopo l’occasione di contatto. Ribadiamo dall’anno scorso come
inaccettabile e ingiustificabile, perché ha già prodotto migliaia di morti, la
follia di consentire viaggi e soggiorni all’estero dove il virus – anche con
varianti non neutralizzabili con gli attuali vaccini – circola più che da noi. Che
idiozia paradossale è quella di non poter andare a pochi chilometri di distanza
per non far viaggiare il virus e, invece, poter andare in aeroporto e raggiungere
paesi lontani e poi ritornare, fare la “farsa dell’isolamento” per 5 giorni in
casa propria e poi, dopo un test-tampone che non si è ancora positivizzato, rischiare
di cominciare a diffondere le varianti acquisite all’estero?
Visti i miglioramenti col nuovo
governo nell’impostazione concettuale delle misure di difesa della popolazione
da questo flagello pandemico, speravamo di non trovarci più di fronte a un’assurdità
come questa, concettualmente più grave di quella della scorsa estate, perché allora
non si era in zona rossa nazionale, come siamo stati nei giorni di Pasqua, e il
numero dei contagi quotidiani era enormemente più basso.
I nuovi contagiati il 30 marzo
sono stati 16.017 con 529 deceduti, con pressione oltre il livello di guardia per
le terapie intensive su quasi tutto il territorio nazionale. La variante
inglese è risultata responsabile nell’87% dei casi nel mese di marzo (fonte:
ISS), il che vuol dire che se si fossero chiuse le frontiere per tempo, come
noi indicavamo già l’anno scorso, i numeri sarebbero stati straordinariamente
più bassi e sarebbero ancora in vita migliaia di persone uccise da questa variante
che sembra avere una trasmissibilità maggiore del 43% di quella del SARS-CoV-2
prevalentemente circolato lo scorso anno. Si dovrebbe – anche se in ritardo –
imparare da questa lezione e prevenire la diffusione della variante
sudafricana contro la quale i vaccini attualmente in somministrazione non
sembrano efficaci.
Il 3 aprile, il sabato prima di
Pasqua, sono stati registrati 21.261 positivi e 376 morti, mentre in Gran
Bretagna nello stesso giorno i morti sono stati solo 10 e i positivi registrati
il giorno prima erano 3.402 (3.862 la precedente registrazione del 28 marzo). I
nuovi positivi sono all’incirca la settima parte di quelli italiani e,
soprattutto, la media dei decessi negli ultimi giorni è di 40 volte inferiore
alla nostra! Come si spiega questa differenza con l’Italia? Con l’efficace
campagna vaccinale condotta in quel paese.
Già il 28 marzo nel Regno Unito era
stato vaccinato il 60% della popolazione e i decessi tra gli anziani erano
calati del 90%. In Italia il dato nazionale cinque giorni dopo era di 3.366.062
immunizzati (prima e seconda dose)[1],
ossia poco più del 5% della popolazione vaccinata. Per un confronto, notiamo
che in un solo giorno, ossia sabato 3 aprile, sono state vaccinate 4 milioni di
persone negli USA.
Ricordiamo come è andata in Italia.
Il 27 dicembre 2020 è stata avviata la campagna di vaccinazione con grande
risalto mediatico, ma si è trattato di una “falsa partenza”. Il 27 di gennaio,
quando si sarebbero dovuti registrare i risultati di 30 giorni di inoculazioni,
la campagna in realtà non era ancora partita, e l’attenzione delle autorità preposte
alla gestione dell’epidemia era assorbita dalla crisi di governo. Nel corso del
mese di febbraio si è registrata l’inadempienza della Pfizer e poi di Moderna: non
avrebbero mai consegnato le dosi attese. È emerso che i contratti stipulati definivano
le condizioni in modo molto vago e, invece di essere redatti con un preciso
numero di dosi entro una data scadenza, la Pfizer, ad esempio, si impegnava a “fare
del suo meglio”. Il 13 febbraio si è insediato il governo Draghi, e poco dopo è
ripresa la gestione dei numerosi problemi che erano sorti per la campagna
vaccinale.
Ricordiamo che era stata
annunciata per il 27 marzo la riapertura dei cinema e dei teatri, mentre noi
continuavamo a chiedere il lockdown a fronte
di una crescita esponenziale dei contagi. Poi il nuovo governo, con lo stesso
ministro del precedente, ha corretto la rotta seguendo maggiormente le
indicazioni del CTS e delle altre organizzazioni medico-scientifiche che indicavano
l’insufficienza delle misure in atto e, per quanto ci riguarda, anche la
mancanza di controlli affinché fossero rispettate.
La campagna vaccinale è ripresa
con AstraZeneca in tutte le regioni con un discreto ritmo, ma poi, emersi i
problemi con questo vaccino, si è avuto un arresto e si sono attese le
valutazioni delle commissioni per riprendere. Non è il caso di entrare qui nello
specifico dei problemi che si sono avuti, ma è facile osservare che si poteva
fare meglio.
Il 30 marzo è cominciata in
Liguria la somministrazione del vaccino in farmacia, ma quando questo sarà
possibile nelle altre regioni non è dato sapere, perché non è un’iniziativa
gestita centralmente.
Intanto, da un’indagine è emerso che
la Sicilia ha alterato i dati sulla pandemia: per non essere collocati in zona
rossa hanno inviato all’ISS numeri più bassi di positivi e numeri più alti di
tamponi analizzati. Si spera che dal ministero della salute vengano non solo
controlli sui dati in tutte le regioni, ma anche una gestione centralizzata (banca
dati monitorata) dei dati trasmessi man mano dalle ASL (dati grezzi), in modo che
si possa verificare se le informazioni inviate dagli amministratori pubblici
sono corrette. La punizione esemplare invocata da molti per i responsabili siciliani
dovrebbe soprattutto essere immediata.
Il giorno di Pasqua sono stati rilevati
18.025 contagi e registrati 326 morti.
In Sardegna è stata isolata una
variante per ora rara di SARS-CoV-2: A.27.
La Francia ha avviato il terzo lockdown, mentre l’Italia non ne ha attuati più dopo
l’unico posto in essere lo scorso anno. La cosa peggiore è che in molti media
nazionali hanno cominciato a chiamare lockdown
questa zona rossa, creando ulteriore confusione.
Il 9 aprile si sono registrati
18.938 positivi e 718 morti, che includono le persone decedute in Sicilia ed
occultate nei giorni scorsi. Mentre cambiano i colori delle regioni, e una
regione come la Lombardia – mentre scriviamo – si dice che da oggi sarà in
arancione con 3.289 contagi in un giorno, il criterio è sempre lo stesso: come
calano un po’ i contagi sul piano nazionale (indipendentemente dai numeri
assoluti e locali che sono altissimi!) si allentano le misure e si consente ai positivi
non ancora rilevati di trasmettere il virus.
Da sottolineare il caso della
Campania: la riduzione del numero dei positivi dopo Pasqua è stata
immediatamente considerata da alcuni media “un segno”, senza considerare
che il numero di tamponi analizzati è stato – per ovvi motivi – enormemente più
basso; con la ripresa del numero consueto di tamponi, il 9 aprile la Campania
ha rilevato 2.225 nuovi contagi.
Nel mondo, dove si sono adottati
criteri preventivi le cose sono andate molto meglio che in Europa. In Cina, per
la maggior parte del territorio nazionale, la pandemia è solo un brutto
ricordo. Sostanzialmente è ripresa la normale vita economica e sociale da mesi,
dopo le chiusure e i blocchi rigorosissimi dello scorso anno. In Tailandia,
grazie a lockdown rispettati con estremo
rigore, durante tutta la pandemia si sono avuti solo 94 morti (fonte: OMS).
Infine, un dato molto interessante
viene dal Giappone. Come è noto in quasi tutti i paesi del mondo a causa della
pandemia la mortalità annuale è cresciuta notevolmente, in Giappone, invece, la
drastica riduzione dei contatti sociali per prevenire infezioni da SARS-CoV-2
ha ridotto il numero di ammalti di malattie infettive e si è registrato un dato
annuale di 9.000 morti in meno.
Notule
BM&L-10 aprile 2021
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[1] Un totale di 10.769.413 somministrazioni,
considerando anche tutti i cittadini che hanno ricevuto solo la prima dose.